Cecilia Laschi

Ricercatrice di Biorobotica

"Cerco di mediare tra la curiosità scientifica e l’impatto potenziale"

Cecilia, raccontaci la tua storia di esperta in robotica: come è stato il tuo percorso di studi? Perché hai scelto di fare questo mestiere? 
Provenendo da un corso di laurea in scienze dell’informazione, ho avuto modo di fare esperienza di robotica solo al momento della tesi di laurea. La possibilità di vedere messi in pratica i miei studi piuttosto teorici in qualcosa di fisico che si muoveva e interagiva con il mondo fisico, grazie a quel codice teorico, mi ha appassionato da subito. Per questo ho poi proseguito con un dottorato in robotica e ho perseguito la mia carriera accademica in questo settore, grazie alle opportunità uniche che si trovano alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. In realtà, il nostro settore è quello della biorobotica, nel quale la robotica si lega alla vita, sia per prenderne ispirazione, che per studiare applicazioni biomediche della robotica. All’inizio della mia carriera è stata proprio l’opportunità di costruire robot che potessero aiutare persone disabili ad appassionarmi e legarmi a questo settore.

 

Abbiamo letto che sei stata inclusa da Robohub, una delle maggiori comunità scientifiche internazionali, tra le 25 donne più geniali del 2015. Come ti sei sentita e cosa significa questo riconoscimento? 
Il riconoscimento di Robohub mi ha fatto senz’altro piacere, per quanto inaspettato. Devo dire che non avevo prestato a questo riconoscimento l’attenzione che poi la stampa gli ha dedicato. E’ stata, quindi, forse più l’attenzione ricevuta successivamente a farmi sentire onorata e grata per questo riconoscimento. La robotica è un mondo abbastanza maschile, anche se nella biorobotica è un po’ diverso. Per questo evidentemente c’è la necessità di mettere in risalto le donne che in questo settore danno un contributo. Se si facessero delle classifiche analoghe per soli uomini sarebbe uno scandalo, sarebbero considerate non politicamente corrette, mentre invece per le donne vanno bene (purtroppo).


Non è mai facile portare all’attenzione di tutti argomenti scientifici e di ricerca, ma il fatto che nella robotica si prenda ispirazione da un polpo un certo interesse lo ha suscitato come al TedxPadova 2016. 
La robotica, e forse ancora di più la biorobotica, si prestano particolarmente alla divulgazione scientifica, rispetto ad altri settori della scienza o soprattutto della tecnologia. Questo è vero per varie ragioni, tra cui il fatto che la robotica è molto visiva, è interdisciplinare, fa parte dell’immaginario collettivo e recentemente si pone come uno dei grandi cambiamenti che interesseranno la nostra vita quotidiana in un futuro prossimo. Personalmente ritengo che la divulgazione scientifica sia molto importante, per avvicinare i cittadini alla ricerca, per render loro conto degli investimenti pubblici alla ricerca e per far crescere una conoscenza scientifica e tecnologica di base che è sempre più importante per compiere scelte consapevoli nella vita di oggi. Come ci si sente ad essere impegnate in settori di frontiera, destinati a gettare le basi per il futuro? Il fatto che la robotica sia oggi considerata uno dei principali ambiti di sviluppo tecnologico, con un forte impatto sulla vita di tutti e sull’economia, ci fa sentire responsabili rispetto alle scelte che il ricercatore si trova a fare sulle direzioni di sviluppo della tecnologia e della conoscenza. Personalmente cerco di considerare gli aspetti etici, sociali, economici della mia ricerca e di mediare tra la curiosità scientifica e l’impatto potenziale. È però senz’altro affascinante lavorare in un settore dove puoi immaginare scenari futuri e dare un contributo alla loro realizzazione.

 

Prima che scienziata sei una donna… Come riesci a conciliare vita privata e cita professionale? Quali sono i tuoi segreti? 
Purtroppo non credo di avere segreti da svelare a questo riguardo, perché faccio sempre fatica a conciliare vita privata e vita professionale. La mia vita professionale è impegnativa anche in termini di tempo richiesto per le attività accademiche e quelle quotidiane di ricerca, oltre che per i vari viaggi che l’attività scientifica richiede. Per questo la vita privata è sempre stata un po’ sacrificata, anche se con l’organizzazione e qualche compromesso riesco a mantenere del tempo per la famiglia.

 

Il settore scientifico è per molti anni stato grande appannaggio maschile, hai avvertito o avverti resistenza del settore al tuo essere donna? 
Devo dire in tutta onestà di non essermi mai sentita discriminata per il fatto di essere donna, in un settore abbastanza maschile. Questo soprattutto alla Scuola Superiore Sant’Anna, dove ho fatto la mia carriera accademica, e in particolare all’Istituto di BioRobotica, che è sempre molto aperto alla presenza femminile. Penso anche che la robotica, nella sua accezione più tradizionale, molto legata all’ingegneria meccanica e ai controlli, attragga meno studentesse e ricercatrici donne, mentre l’ingegneria biomedica e la biorobotica, con questo loro legame con la vita e le applicazioni biomediche, sono decisamente più attraenti per le ragazze.

 

Sogni, progetti  e idee per il tuo futuro? 
Penso che la mia area di ricerca, la soft robotics, che ho contribuito a far nascere e crescere a livello internazionale, abbia al momento scalfito la superficie di quello che è possibile fare ripensando completamente i robot e la robotica, come stiamo facendo. Penso che questo nuovo approccio possa contribuire allo sviluppo della robotica che si preannuncia in vari contesti, fornendo davvero i metodi e gli strumenti per costruire robot al servizio delle persone, nell’accezione più inclusiva e socialmente accettabile.

 

Di che cosa pensi che abbiano bisogno le donne nel mondo del lavoro oggi? 
Penso che il mondo del lavoro a volte escluda le donne per ragioni anche molto pratiche, legate al fatto che ancora il carico degli impegni familiari ricade soprattutto sulla madre/moglie. In questo senso basterebbero semplicemente più servizi di assistenza, come avviene in molti paesi dell’Europa del Nord, che hanno maggiore capacità di spesa pubblica. Ovviamente non è certo sul piano delle capacità che si possa spiegare la minore presenza femminile in alcuni ambiti professionali.

Penso che la cosa più importante sia una maggiore consapevolezza delle donne stesse e una più forte motivazione a inserirsi pienamente nel mondo del lavoro, come frutto di una mentalità che è spesso condizionata dal contesto culturale, familiare e sociale.

Quale consiglio daresti a una donna, che come te, volesse seguire un suo sogno professionale?

Chi ha un sogno professionale non ha bisogno di consigli. Deve solo perseguirlo con tenacia e dedizione. Ma se è un sogno, se è una passione, questo avviene in modo naturale. Personalmente sono convinta che qualunque risultato nella vita richieda impegno e questo è l’unico consiglio che mi sento di dare, alle donne, ma anche agli uomini.

In pillole

Nome: Cecilia Laschi

Attività: Docente e ricercatrice di Bio Robotica, socio fondatore della società RoboTech srl, spin-off accademica della Scuola Superiore Sant'Anna, nel settore della robotica di intrattenimento e didattica, o edutainment.

 

 

È docente all’Istituto di BioRobotica della Scuola Sant’Anna di Pisa ed è ai vertici della robotica mondiale. Da qualche anno studia come realizzare robot costruiti con materiali morbidi e per farlo si è ispirata ai tentacoli e alle ventose dei polpi.

 

 

robotechsrl.com

 

 

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